Azotea
Indirizzo: Via Maria Vittoria, 49/B, Torino, Piemonte
Telefono: 328/8015231
Sito Web: www.azoteatorino.com
Dettagli del ristorante:
- Tipologia: nikkei
- Voto: 8
- Prezzo: tapas 5/13€, antipasti e primi 22€, secondi 24/28€, dolci 9€, menù degustazione 65€
- Chiuso: a pranzo. Domenica
- Tavoli all’aperto: sì
- Orario di apertura:
Offerte: Azotea è il tempio torinese della cucina nikkei che combina sapori orientali e sudamericani. La filosofia di Alexander Robles, chef originario di Cuzco alle redini della cucina da due anni, valorizza ingredienti vegetali e tecniche innovative, rievocando la storia millenaria della cucina peruviana, che dalle origini Inca attraversa secoli di contaminazioni coloniali. La ricca biodiversità del paese fa il resto, dando vita a intriganti piatti con sapori inediti. In carta si trovano alcune tapas accanto a veri e propri piatti, ma la proposta che meglio esprime il concept del locale è il menù degustazione, attualmente ispirato ai “Confini”, che propone 6 piatti (uno che parla del Perù e gli altri degli stati a esso confinanti), tutti rivisitati in chiave nikkei. L’esperienza è arricchita dalla mixology: vengono creati appositi sips (cocktail in versione ridotta) per esaltare le portate attraverso sapori complementari o contrastanti. Drinks che rispecchiano gli ingredienti della cucina, preparati con tecniche sperimentali che rendono l’abbinamento cibo-cocktail un elemento distintivo del locale, vero e proprio cuore della sua identità. Dopo il piacevole benvenuto a base di soda al pompelmo con una chips al nero di seppia, abbiamo viaggiato virtualmente verso la Colombia con i tamales, tradizionalmente avvolti in foglie di platano, qui serviti aperti con dadini di polenta di mais bianco e viola, un kimchi delicato, gambero crudo di ottima qualità e maionese di tomate de arboi, solo una delle tante scoperte vegetali della serata. In abbinamento una rivisitazione della “aguapanela”, infusione calda di canna da zucchero, con pisco, passion fruit, lime e anice stellato, che sottolinea l’acidità del piatto e gli dà profondità con le note speziate. La tappa successiva, l’Ecuador, è un piatto ancestrale, con cereali e radici, il cui centro è la scorzonera con la spuma di chicha de jora, una bevanda fermentata conosciuta anche come “la birra degli Inca”; un ottimo pesto di arachidi e coriandolo tiene legati gli elementi, di per sé molto neutri nel sapore. La dolcezza del piatto viene accompagnata da un sip molto particolare, con la tequila insaporita da brioche e burro (fatti macerare e poi trattati con la tecnica del fat wash per eliminare la parte grassa): gradevole ma non spiccava. Rilancio di sapori invece nel piatto che rappresenta il Perù: il ceviche vegetale che racconta attraverso le tante curiose componenti la biodiversità del Paese, con leche al topinambur e composta di frutta a legare. Il trait d’union con il drink è l’olluco, un tubero dal sapore terroso, avvolto dall’aroma floreale del miele dell’albero del paradiso, un bombardamento di stimoli gustativi: acido, poi dolce, liquirizia e piccante, e ancora miele, frutta. Un cocktail che richiede concentrazione, ma regala grandi soddisfazioni. Pieni voti anche per la portata ispirata alla Bolivia: bokchoy brasato con frutto della passione e lulo, patata millenaria (la più longeva, si conserva anche quarant’anni!), crema di avocado e noci di macadamia tritate che esplodono in abbinamento al cocktail con la ’nduja infusa nel mezcal, il peperone rosso e il melone, che si legano amplificando le note affumicate del piatto. Si torna poi in una zona di comfort con la sopa de porotos cilena, una zuppa di legumi servita in Sudamerica con carne o uova, presentata invece qui con un trancio di ricciola marinata nel miso e cotta sulla pelle; il sip abbinato a base bourbon ne completa l’aromaticità riprendendo l’alloro e i funghi presenti nella ricetta del piatto, con la rotondità data dalla riduzione di vermouth. Il percorso termina in Argentina, con un churrasco: diaframma alla brace con la salsa chimichurri e il friggitello ripieno di verdure e uvetta, un finale gustoso e godibile come un traguardo raggiunto dopo un lungo viaggio affascinante. Non abbiamo apprezzato particolarmente il sip abbinato, ispirato al “Fernandito”, la bevanda nazional popolare argentina fatta con Fernet e Cola, qui sostituita dalla Inka Cola peruviana, dal sapore più vanigliato, con una nota di liquirizia del fieno greco; l’intento era di proporre un sip dalle note amarognole digestive, ma il percepito è molto più dolciastro. Ci spiegano che sips e piatti sono creati insieme, a volte è centrale uno a volte l’altro; nella genialità di questa ammirabile scelta si annida però il suo limite: i piatti da soli non sono che metà della ricetta globale e gustarli senza l’abbinamento dei cocktail trasforma completamente l’esperienza. Concludiamo con una leche asada, classico dolce peruviano, trasformato però in cremoso lavorato a freddo e aromatizzato al bourbon, con la cialda di caramello croccante e il bananito al pimiento giamaicano. La bella notizia è che anche con i dessert è prevista una selezione di sips: l’anchorita ci fa concludere in bellezza, con le sue note agrumate e piccanti su una base di rum messicano.
Recensioni:
- Ambiente: Il locale offre un’atmosfera elegante e contemporanea, in linea con l’identità culinaria che propone; gli spazi sono moderni e curati e particolarmente accattivante risulta la sala bar.
- Servizio: Lo staff è estremamente cordiale e competente, sia per quanto riguarda la descrizione dei piatti, sia nel fornire dettagli riguardo alla mixology.
- Cantina: Sono i cocktail il punto forte dell’offerta da bere, ma non mancano alcuni vini con ricarichi tendenti verso l’alto.
- Olio:
- Glutine:
Consigliato: