Approdo sicuro per chi vuole mangiare una cucina tradizionale, di sostanza, senza concessioni a rivisitazioni creative, questo ristorante continua a convincerci con una proposta forse un po’ statica, ma rassicurante e rinvigorita da qualche piatto del giorno raccontato su una lavagna che viene fatta girare per i tavoli. Un grande classico, per partire, sono sicuramente le alici frittodorate, un’abbondante porzione di alici avvolte in una pastella leggera e fritte da manuale. Ad affiancarle, in occasione della nostra cena, un signature dish di Tram Tram, il purè di fave con cicoria e l’ottimo baccalà mantecato su crema di ceci e chips di polenta. È stata poi la volta di un piatto della tradizione romana, i tonnarelli cacio e pepe, ben realizzato, e delle pappardelle Tram Tram con ragù in bianco di agnello e carciofi croccanti, preparazione molto saporita, un filo carente di umori tanto da risultare leggermente asciutta. Si prosegue con un piatto del giorno, il buono spezzatino di vitella con funghi cardoncelli e piselli (solo leggermente sciapo), nel nostro caso non presenti, assenza colmata con un assaggio di vignarola gentilmente offerta. Molto buoni anche gli altri due contorni provati, le patate al forno e soprattutto le eccellenti puntarelle ammalvite con maestria. Chiusura con un creme caramel discreto a cui abbiamo preferito la crema di zabaione servita con lingue di gatto, seguiti da un caffè leggermente sottoestratto.
Competente, cortese e piacevolmente alla mano.
Alla richiesta di olio, il cameriere è giunto in tavola con una bottiglia a norma di un ottimo olio EVO biologico monovarietale Itrana del Sud Pontino con la quale ha fatto un giro sul purè di fave per poi portarlo via.
Varrebbe la pena venire qui anche solo per la proposta vinicola per via di una carta ricca di piccole cantine, molte del mondo bio natur, selezionate con grande competenza e ricaricate con mano leggera. Unica pecca, non riscontrata in altre occasioni, le assenze non segnalate tanto da aver pescato la nostra bottiglia al terzo tentativo.
Tipico da osteria di una volta, con la prima sala occupata in lunghezza dal bancone di fronte al quale trovano spazio alcuni tavoli; da lì si accede alla seconda sala invero riempita oltre misura di tavoli tanto da rendere difficile il passaggio dei camerieri ed elevato il rumore di fondo. Sulla strada laterale, oltremodo tranquilla in occasione della nostra visita vista la chiusura temporanea di Via dei Reti, una pedana attrezzata garantisce un buon numero di coperti. L’apparecchiatura è essenziale, con i tavoli in legno su cui sono adagiate tovagliette di carta e, ahinoi, tovaglioli in tessuto non tessuto.
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