Il recente trasferimento di questo ristorante nella nuova sede di Trastevere non smentisce l’impronta raffinata e moderatamente creativa della proposta culinaria. Il menù presenta proposte fisse immancabili come fritti e focacce, per poi proseguire con primi, secondi e dolci realizzati con un’attenta selezione dei fornitori e delle materie prime di stagione. Nel corso della nostra cena, per iniziare, ci siamo lasciati invogliare dal carciofo croccante alla romana adagiato su una fonduta di pecorino Falisca e zafferano, condito con una riduzione di aceto balsamico, miele e menta che esaltava il sapore del vegetale. Anche il classico tagliere con tris di formaggi è stato appagante, con una delicata ricotta di pecora affumicata, un “parmigiano” di pecora e un formaggio fresco di capra a comporre la selezione, accompagnata da una composta di fichi e dal miele di acacia. Ottimo e ben equilibrato il primo piatto composto da “riso” di semola Gentile (una sorta di pasta di grano duro che richiama la forma del riso) e scampi, dove l’intensa bisque di gamberi era bilanciata dalla nota agrumata e da quella del finocchietto selvatico che davano freschezza all’insieme. Meno originali le linguine del pastificio Mancini alle vongole veraci, con crumble tostato alle erbe e salsa di limone, in cui la nota piccante del peperoncino prevaricava quella dell’agrume. La maggior parte dei piatti recano la firma della chef: una spolverata di polvere d’oro sulla gratinatura o anche sul crumble di alcune preparazioni allettanti, ma non così tanto da giustificare un rapporto qualità-prezzo da ristorante stellato. La suddetta spruzzata d’oro era presente, infatti, nei secondi di pesce da noi scelti, entrambi ben realizzati: il saporito tataki di tonno rosso (un fuori menù), appena scottato all’esterno e tenero all’interno, accompagnato da una caponata destrutturata di melanzane, capperi siciliani e cipolla rossa, e il polpo verace adagiato su una panella siciliana e puntarelle condito con una maionese leggera al limone e alici di Cetara. Il gustoso dolce “Virna” era un clafoutis alla mandorla e vaniglia valorizzato dal gel di bergamotto e dalla dadolata di mele caramellate, cremoso alla ricotta e mandorle croccanti, per un gusto complessivamente appagante. Ancora più goloso si è rivelato il voluttuoso dolce “Moreno”, ovvero una mousse di cioccolato fondente adagiata su un disco di frolla al cacao e accompagnata da una crema al cioccolato, gelato di ribes nero e uva spina ed erbe selvatiche. In chiusura un caffè ben estratto, dalla buona tessitura e crema persistente.
Celere, affabile e disponibile a fornire spiegazioni.
Di default viene servito dell’olio EVO laziale, monovarietale Itrana, versato nella ciotolina dalla bottiglia a norma.
La carta dei vini è ricca di etichette prevalentemente nazionali, con prodotti sia convenzionali che del mondo bio natur; ricarichi elevati.
L’ingresso del locale è molto accogliente, con posti a sedere ricavati lungo il bancone di legno che delimita la cucina a vista e che demarca le due sale da pranzo contigue, una delle quali presenta un grande lucernaio. I tavoli e i tavolini da due fino a sei posti sono prevalentemente tondi e gli arredi sono un mix di stile vintage che ricorda le caffetterie ottocentesche, con piante e fiori dappertutto quasi ad avvolgere i commensali durante il pasto.
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