Ingresso in guida per questo ristorante situato a due passi dalla Stazione Porta Nuova, che offre, partendo da ingredienti di qualità e pregio, una cucina che definisce gourmet, ma che non è esente da défaillance che ci hanno indotto prudenza nel voto. I piatti in carta, sia di carne che di pesce, vogliono rappresentare l’evoluzione professionale dello chef, cresciuto negli anni attraverso esperienze lavorative in più paesi europei. Noi abbiamo scelto il menù degustazione proposto a 75€, che offre uno spaccato abbastanza ampio della sua cucina. Dopo un piccolo benvenuto a base di polpetta fritta di branzino con salsa guacamole, abbiamo assaggiato l’antipasto vero e proprio, una tartare di agnello dei fiordi, hummus al curry e yogurt croccante, un piatto in cui, tra gli ingredienti che lo componevano, c’era una dose generosa di za’atar (un mix di spezie) non dichiarata, che ha nascosto la delicatezza della carne, perfettamente tagliata al coltello, rendendo l’insieme non equilibrato, vista anche l’importante impronta aromatica del curry nell’hummus. Uno dei due primi, tortelli ripieni di asparagi, canestrelli, guanciale e pomodoro confit, ci ha colpito per l’impiattamento elegante e moderno, ma non ci ha del tutto convinti nell’assaggio: la pasta fatta a mano era ben cotta ma leggermente asciutta, in quanto la salsa non era presente in quantità sufficiente a legare tutte le componenti del piatto, che risultava, così, poco bilanciato. Ottimi, invece, gli spaghetti alla Nerano, magistralmente eseguiti. Nel carré di suino patanegra, salsa erborinata e verdure di stagione, per quanto la carne fosse cotta alla perfezione e dal sapore delizioso, poggiava su una discreta quantità di purè di carote (anch’esso non citato in carta) e la salsa mancava della suddetta nota erborinata che, invece, ci si aspettava. In chiusura abbiamo assaggiato il dessert composto da tre piccole paste della tradizione italiana – cannolo siciliano, babà al limoncello e apollina al pistacchio – il tutto servito con un caffè lievemente sottoestratto.
Il personale di sala è risultato garbato nei modi, ma ci è apparso attento e professionale nel servizio del vino, più superficiale in quello al tavolo, in quanto è mancata quasi completamente la giusta presentazione dei piatti. Inoltre, i tempi della cena sono stati rapidissimi: 5 portate in poco più di un’ora.
Insieme al pane e ai grissini viene portata al tavolo una bottiglia a norma di olio EVO campano, blend di cultivar differenti, tra cui spicca la Caiazzana.
Carta dei vini non troppo ampia, con maggiore attenzione ai rossi delle grandi cantine piemontesi; è presente qualche proposta bio natur e una pagina intera è dedicata a Champagne e spumanti. Disponibili anche vini dolci al calice. Ricarichi nella norma.
Locale elegante e raffinato, con un arredamento moderno che gioca sui toni dell’oro e del nero, esaltato da punti luce che regalano ad ogni tavolo un’atmosfera intima e raccolta ed esaltano le alte volte con mattoni a vista tipiche dell’edificio torinese. Mise en place tradizionale e ben curata, arricchita da una stoviglieria moderna e accattivante.
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