Tra Largo Argentina e il Pantheon è facile imbattersi in locali del tipo “acchiappaturisti” dai menù omologati e spesso di mediocre qualità, tuttavia sempre pieni. Risalta ancora di più, quindi, la scelta controcorrente de La Ciambella, che propone ai suoi clienti piatti che certamente esprimono una profonda “romanità” interpretati, però, con gusto e tecniche moderne. Il risultato complessivo è buono, con piatti pienamente riconoscibili e qualche idea innovativa, che, oltre il piacere al palato, strappa anche un sorriso alla lettura della carta (come, ad esempio, la “coda in carrozza”). Il menù, nelle varie sezioni, propone tre o quattro scelte per tipologia d’ingrediente (il mare, le frattaglie, nell’orto, ecc.) e un’interessante distinzione tra pasta fresca e pasta secca di un noto produttore marchigiano; sono possibili anche due percorsi degustazione – “Roma, la tradizione a nostro modo” (6 portate a 90€) e “Bar à Vin” (5 portate a 70€) -; per chi lo desidera, infine, sono disponibili anche wine paring a 35 e 40€. Una grattachecca all’acqua di pomodoro è stato il piacevole e rinfrescante appetizer della nostra cena, che è proseguita con una squisita ratatouille di stampo francese e i saltimbocca di capasanta alla romana, riuscito accostamento tra preparazione e prodotto. Come primi piatti abbiamo scelto i golosissimi spaghettoni con pomodori, basilico e pecorino e i delicati, ma davvero gustosi, bottoni di ricotta e menta con crema di zucchine romanesche alla scapece. Tra i secondi, invece, abbiamo preferito la scenografica parmigiana di melanzane presentata come un bel fiore aperto e dal gusto convincente. Equilibrata al palato la millefoglie di ricotta e visciole, un dolce della tradizione ebraico-romanesca, presentata in modo innovativo ma con la sfoglia troppo tenace. Leggermente sovraestratto il caffè.
Veloce ma garbato e non privo di una piacevole empatia.
Su richiesta ci è stato servito un noto olio EVO umbro, blend di Frantoio, Leccino e Moraiolo nella bottiglia a norma.
Il libro voluminoso che ci è stato portato per la scelta parla da solo: una bella selezione di grandi produttori e di piccole realtà, in alcuni casi anche con un’interessante profondità d’annata. Alti, purtroppo, i ricarichi, ma la buona scelta alla mescita offre un’alternativa valida.
La struttura a L, con al vertice la cucina a vista, accoglie l’ospite che resta sorpreso dall’ariosità degli spazi, con tavolini ben distanziati e dai rilassanti colori sui toni del bianco e del legno; semplice l’apparecchiatura, questa sì da “bar à vin”.
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